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COOPERATIVE SOCIALI
Coordinatori del laboratorio:
Daniela Amici (Coordinamento SFA CSE Monza Brianza)
Roberto Guzzi (Coordinamento Macramè)


Per facilitare l'individuazione, all'interno di questo laboratorio metodologico, di una base comune di confronto e di coinvolgimento per i partecipanti, abbiamo deciso di predisporre uno specifico questionario che abbiamo proposto a Presidenti e Responsabili di Cooperative Sociali sparse nel centro nord Italia.
Le domande contenute riguardano l'attività svolta nel campo della disabilità attraverso la gestione dei servizi dedicati, ma non solo, gli stimoli interni ed esterni all'organizzazione cooperativa che hanno introdotto il tema dell'inclusione e del valore sociale della disabilità, il rapporto con il territorio e con gli enti presenti (Amministrazioni locali, Asl, associazioni, scuola, agenzie, privati...), le ricadute organizzative di questa diversa e, in qualche caso, nuova visione culturale, le resistenze e le implicazioni economiche di un modo alternativo di intendere la disabilità, in un'alternanza fra richiesta (di servizi, di opportunità, di spazi) e offerta (di benefici comuni, di sviluppo sociale, di crescita condivisa).
Abbiamo scelto realtà collocate in territori diversi, con dimensioni diverse per verificare se nelle risposte che otterremo vi sono TRATTI, LINEE o PERCORSI che si possano definire ricorrenti o comuni.
Questi segnali "geometrici" saranno i temi di scambio del nostro laboratorio; chiederemo ai nostri ospiti di valutarli, rivederli, interpretarli sotto il loro punto di vista, utilizzando la loro lente di ingrandimento per approfondirli e ampliarli, mettendo in campo la loro esperienza professionale e lavorativa.
Aggiungeremo a questi temi una imprescindibile riflessione sulla situazione economica delle Cooperative Sociali, partendo dai dati emersi da alcune ricerche che sottolineano come questo settore non solo abbia saputo resistere alla crisi economica, ma abbia garantito il mantenimento dei livelli occupazionali e del volume gestionale.
L'obiettivo del laboratorio e del confronto che si verrà sviluppando sta proprio nel verificare insieme se questo risultato è riscontrato nelle realtà che conosciamo e se si, quali strategie sono state messe in atto per raggiungere importanti risultati che siano di esempio per altre realtà analoghe interessate a far propria la convinzione che la disabilità può effettivamente essere intesa anche come valore sociale.

Durante il laboratorio porteranno il loro contributo:
" M. Tirabosco, Confcooperative/Federsolidarietà Veneto
" V. Negrini, Federsolidarietà Nazionale
" A. Stanghellini, Ufficio di Piano Crema
" M. Chiara Franzoia. Comune di Trento
" M. A. Guidi, Fondazione Idea Vita, Milano


REPORT DEI QUESTIONARI IN PREPARAZIONE A QUESTO LABORATORIO
Il questionario è stato compilato da 8 cooperative ubicate in Veneto ( 2), Emilia Romagna ( 1), Piemonte ( 3), Trentino A.A. ( 1), Lombardia (n.1 cooperativa).
Sono cooperative fondate in tempi diversi: dal 1982 al 2004; le loro dimensioni economiche, in relazione al fatturato annuo, le definiscono di medie e grandi dimensioni.
L'esperienza maturata nella gestione di servizi destinati alla disabilità riguarda per tutte i servizi diurni (CSE, CDD, SFA, CAD, CAH, RAF); per la maggior parte, servizi destinati alla residenzialità (CA, CSS, Appartamenti protetti, esperienze di avvicinamento alla residenzialità, cohousing, ricoveri di sollievo); per alcune, servizi integrativi e di supporto alle famiglie.
Ampio e collaudato il rapporto di collaborazione e di scambio con le realtà sociali del territorio di appartenenza siano esse pubbliche che private.

OLTRE LA LOGICA DEL SERVIZIO
Pur riconoscendo l'imprescindibile necessità di guardare alla disabilità come condizione di fragilità e di richiesta di vicinanza, si sono aperte nuove prospettive e nuovi orizzonti di intervento cui le cooperative, quali enti gestori di servizi, e i loro operatori hanno aderito, investendo in risorse umane e di pensiero.
I contesti della vita quotidiana della comunità possono prendere il posto dei consueti laboratori e gli obiettivi educativi individuati vedono coinvolti quali co-artefici altri gruppi di cittadini, in grado di trasformare quanto proposto "per" in una situazione di condivisione "con". I progetti dedicati sono dunque una strategia per un'opportunità di benessere e di interscambio per la comunità e tutti i suoi cittadini.
Da qui, l'ampia collaborazione con le realtà territoriali: Amministrazioni Comunali, enti del III° settore, associazioni sportive, scuole ed enti culturali.

QUALI STIMOLI AL CAMBIAMENTO?
Le ragione del cambiamento, o quanto meno di una riflessione in questa direzione, sono dettate sia da input esterni (dal territorio, dalla crisi economica, da nuove normative) sia da input interni (dalla necessità di ridefinire la funzione dell'operatore sociale, dal bisogno di andare oltre la dimensione strutturale del servizio, dalla richiesta di maggiore partecipazione delle famiglie e dei volontari) o da entrambi contemporaneamente. Le cooperative comunque non hanno voluto, o potuto, ignorare tali segnali e si sono avviate verso un diverso modo di intendere il lavoro con la disabilità.

IL LAVORO DEGLI OPERATORI
Seppure per ragioni diverse, gli operatori delle cooperative hanno svolto un ruolo attivo nel promuovere il cambiamento: il bisogno di ridare alla professione e al mandato istituzionale una funzione "attiva", forse meno rassicurante, ma certamente piena di stimoli, li ha portati ad allargare l'orizzonte del loro intervento: da fornitori di servizi a promotori di opportunità di incontro e crescita per la persona con disabilità e per il territorio. La capacità di sapersi confrontare con altre realtà esterne ha rappresentato, per alcuni, una ragione in più di autoconsapevolezza e di sollecitazione ad accogliere nuove sfide.


RELAZIONI CON IL CONTESTO
E' importante sottolineare come gli obiettivi più impegnativi siano stati raggiunti con la funzionale sinergia fra tutte le componenti istituzionali: la stretta collaborazione fra pubblico e privato, pur con le reciproche competenze, rappresenta un elemento imprescindibile per costruire e mantenere un vero lavoro di inclusione sociale. La comunità, almeno nelle realtà coinvolte, ha sempre colto la vicinanza fra ente locale e cooperativa ed ha espresso apprezzamento e soddisfazione.
Là dove è emersa una certa resistenza ad accettare e cogestire il cambiamento, è comunque difficile attribuire una causa prevalente: sembra una risposta difficile da indicare con un sufficiente margine di certezza, ma si coglie comunque un senso di insoddisfazione e di incompiutezza

RISVOLTI ECONOMICI
Il peso della crisi economica se da un lato ha influenzato lo sviluppo di progetti e la loro realizzazione, dall'altro ha costretto le cooperative alla ricerca di soluzione alternative. Si parla di imprenditorialità sociale (fare innovazione, fare investimenti, richiedere finanziamenti europei) con l'obiettivo di ridurre la dipendenza economica dall'intervento pubblico, intervento ormai ridotto e spesso non garantito. Le rette riconosciute, per alcune cooperative, rappresentano un'entrate inferiore a quanto ricavato dall'accennata imprenditorialità sociale.
E' ancor una partita aperta che crea preoccupazione e incertezza, mai pessimismo!
La cooperazione infatti è l'unico modello gestionale che, durante l'intera crisi, ha aumentato il numero degli occupati: rimane tuttavia la questione dello sbilanciamento nel rapporto fra i livelli professionali richiesti agli operatori (vedi standard per accreditamento) e i riconoscimenti economici previsti dalle gare d'appalto.



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